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Pagina:D'Annunzio - Isaotta Guttadauro, 1886.djvu/224

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218 Gabriele d’Annunzio


Su l’argine de i fossi aride e nere,
fuor de la terra uscendo, le radici
si distendean con lotte ed artificj
meravigliosi a l’ime acque per bere.

Ma salivan ne’ tronchi e ne le intiere
membra correvan l’acque avvivatrici;
contendeva il germoglio i beneficj
de la luce, bramando di godere;

e, in alto, a ’l Sole un coro di preghiere
mormoravano li alberi felici,
espandendo le chiome ai vènti amici,
crescendo a le future primavere.

2.

Io ricordo, Atenai. Voi, con un mite
sorriso di bontà su le fiorenti
labbra, i miei gesti e i vari atteggiamenti
de ’l mio cavallo seguivate. — Oh dite,

maga Atenai, voi che le mie ferita
curaste di sì dolci lenimenti;
voi che le mani tenere ed aulenti
posaste ne le mie piaghe inasprite;