Vai al contenuto

Pagina:D'Annunzio - Isaotta Guttadauro, 1886.djvu/62

Da Wikisource.
56 Gabriele d’Annunzio


BALLATA XIV.

Or quale io bevvi ignoto filtro, inconscio?
Era ne la sua bocca, era ne l’acque
la virtù cui soggiacque
ogni mio senso, amor rilampeggiando?

Non so. Ma come uscimmo da la chiostra
in su’ paschi feudali
ove il bel fiume suoi tesori aduna,
parvemi cavalcare ad una giostra,
e che da que’ fatali
occhi mi sorridesse la fortuna
e fusser ne la luna
in urna d’adamante custodite
le mie sorti regali.
Onde, felici, a ’l Sol candido e mite
e a l’ardor de’ cavalli ed ai natali
vènti ci abbandonammo; e le due vite
nostre mescemmo e rinnovammo in una
vita più forte, che s’aprì raggiando.