Pagina:D'Annunzio - Laudi, III.djvu/273

Da Wikisource.
TERZO - ALCIONE

alla stanga appaiato col giumento
20circa la mola cònica di lava;
e più de' nudi torsi, e più de' busti
e più de' cippi mi sarebbe cara
l’ombra delle farfalle su pe' dolii
risarciti con piombo dal colono.

25Settembre, là, sul fianco del bel Trono
d’Afrodite, l’aulètride dagli occhi
a mandorla e dal seno di cotogna
sta, sovrapposta l’una all’altra coscia,
adagiata sonando le due tibie
30con i frammenti dell’esperte dita;
e il Re Pastore immoto nel basalte
figge all’Eternità gli occhi corrosi.

Ronzano l’api ne’ silenziosi
orti dei bianchi monaci defunti;
35e nelle celle àbitano gli iddii,
làcerano le Menadi la vittima,
Anassimandro medita, dal muro
svégliasi il carme dei fratelli Arvali.
“Enos Lases iuvate.„ Un’ape or entra,
40per la chioma di Iulia che l’illude.

Nell’àlveo d’un ricciolo si chiude.


- 263 -