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Note alla Canzone d’Elena di Francia

Il Siniscalco narra come l’orribile male tanto peggiorasse che bisognava i barbieri tagliassero in bocca ai malati la carne morta perché potessero inghiottire il cibo. Ed era gran pietà udire gli urli degli straziati; che urlavano come le donne partorienti. “Grans pitiés estoit d’oïr braire les gens parmi l’ost ausquiex l’on copoit la char morte; car il bréoient comme femmes qui traveillent d’enfant.„

I morti rimanevano insepolti, perché ognuno temeva di toccarli e di sotterrarli. Invano il Re dava l’esempio e li portava e li seppelliva con le sue proprie mani. Il Confessore della regina Margherita racconta come, seppellendo il Re i morti, i Vescovi nell’officiare si turassero il naso, pel gran fetore: ma non fu mai visto il Re imitarli. “Ils estoupoient leur nez pour la puour; mais oncques ne fu veu au bon roy Loys estouper le sien, tant le foisoit fermement et dévotement.„

Mentre Roberto d’Artese, il fratello del Re, entrava in Mansura solo, lasciandosi indietro i Templari, e vi restava ucciso, San Luigi veniva alla riscossa con tutta la sua schiera al suono delle trombe e delle nacchere. Dice il Siniscalco che mai videsi più bel cavaliere, avanzante di tutta la spalla le genti sue, con un elmo d’oro in testa, con in pugno una spada alemanna. “Oncques si bel homme armé ne vis, car il paroissoit dessus toute sa gent des épaules en haut, un haume d’or à son chef, une épée d’Allemagne en sa main.„ Quando il conte d’Angiò su la via del Cairo fu assalito da due stuoli di Saraceni e oppresso dal getto dei fuochi lavorati, il Re lo salvò scagliandosi a cavallo contro gli assalitori. La criniera della sua bestia fiammeggiava, coperta di fuoco greco, nel vento della corsa.

Il Confessore racconta con quale ardore il Re desiderasse la grazia delle lagrime e come si lamentasse d’esserne privo e come non osasse nella litania implorare fontana di lacrime


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