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114 notturno

travaglia la giovinezza, più d’ogni altra cura.

Salgo ancóra una scala di croce. Entro nella piccola stanza dove Oreste Salomone è coricato in un lettuccio da campo. Da prima non vedo se non la benda che gli fascia il capo; sùbito dopo, non vedo se non gli occhi della sua magnanimità fissi nei due solchi del suo pallore.

Sembra che anch’egli abbia perduto tutto il suo sangue nel vento e nel rombo, come gli altri due, se bene la mitraglia non gli abbia portato via dal capo se non una lista di cuoio e una ciocca di capelli attraverso la cuffia dura.

È d’avorio senza vene, santamente scolpito. La forza l’ha abbandonato. La sovrumana forza del suo esempio s’è sparsa nell’universo, e non è più in lui. Il suo fatto è alzato come una colonna perenne sopra lui giacente e paziente.

Tutto è compiuto. Tutto è consu-