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notturno 269

compiuta una manovra ammirabile nel condurre il cacciatorpediniere dall’Arsenale al luogo d’ormeggio, paga lo sciampagna ai suoi camerati.

Beviamo una coppa nel quadrato, seduti intorno alla tavola dov’è stesa la carta marina, mentre il comandante della squadriglia in piedi detta al dattilografo l’ordine dell’operazione notturna, per rimetterlo ai comandi delle altre navi.

Un’allegrezza contenuta brilla in tutti gli occhi. L’operazione è pericolosa, difficilissima; e quella può essere l’ultima coppa.

Andiamo a sbarrare con sessanta torpedini la baia di Panzano, tra la Punta Sdobba e Santa Croce. Ognuna delle sei siluranti porta dieci torpedini regolate per tre metri e mezzo. Ognuna ha contro la sua sorte i proiettori e le batterie della costa nemica, l’attacco delle navi nemiche, l’urto su le mine, le mine impigliate nell’elica, l’investimento nel bassofondo.