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notturno 295

sterioso che il Timavo fulminato, laggiù, dove si lavò il cavallo schiumante del Dioscuro. Una banda di luce rossa arresta le nuvole fuggiasche. I cannoni sono roventi, sporcati di verde anch’essi, sopra i pontoni coperti di frasche. Mi scottano la mano.

Dentro questo pontone ridormirò stanotte con un occhio solo, tra le munizioni e i sacchi, nella cuccetta stretta come le quattro assi del nero falegname.

Bruciatemi il mio letto d’ospedale!

Chiamatemi i marinai, che vengano a formare le righe in questo spiazzo che pare una velma di laguna ed è a centomila cùbiti sopra la vita di ieri.

Marinai! Marinai!

Tutta l’ombra è una conca ritorta per ingrandire la mia voce.

Mi sembra di distribuire una bevanda cordiale alla fatica e alla febbre.

Sento nella mia pelle d’uomo i cannoni che si freddano a poco a poco.