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318 notturno

lanza di azzurrognolo, di verdigno, di grigiastro.

S’incupiscono talora come la bragia; abbarbagliano talora come la folgore.

Ogni lor diversità mi turba, come gli sguardi che màgano.

Hanno lasciato dietro di sé la foresta incarbonita e fumigante. Si avanzano in lunghissima catena. Spiegano una fronte di battaglia che si perde nella lontananza addentrandosi nel nuvolo del fumo nero.

La lor violenza è tale che non sembra nascere a fior di terra, là dove lo sterpeto si radica, ma irrompere dal profondo, insorgere dall’abisso, come il vòmito dei cratèri aperti.

Hanno la violenza e la pertinacia, l’impeto e la costanza.

Insegnano a combattere.


Ecco i modi dell’arte ignea.

Assalgono i tronchi tentando prima le radici palesi, le barbe esterne.