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388 notturno

per la scarpata. Salto il rigagno. Entro nel folto. Odo l’urlo degli uomini furibondi. Li vedo lasciare il taglio, raccogliere le lunghe mazze e precipitarsi urlando ad inseguirmi.

Certo cóntano sui primi impacci di El-Nar che già sanguina contro le spine robuste ed esita per qualche attimo, prima di fendere col petto i cespi che non può sorvolare.

Ma basta la mia voce incitante che gli entra giù per la criniera. Non sente più le punture, non più considera gli intrichi. Una follia di fanciullo eroico omai lo possiede e lo rapisce. Ritrova il suo galoppo alato delle sere di beiram. Distende il suo galoppo come sul piano di sabbia. Lascia dietro di sé, nel suo solco stupendo, una divina devastazione.

Ma c’è là il canale; ma ci sono là gli stagni creati dall’alluvione. I furibondi non restano. Mi volto di su la sella e li vedo brandire le lunghe mazze minacciose. Se non scampo,