Pagina:D'Annunzio - Notturno.djvu/436

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424 notturno




Non ebbi mai tanto rammarico nello svegliarmi.

Certo questo sogno me l’ha mandato l’arcangelo del mio nome.

L’estasi discende dall’alto nei beati o sale in loro dal profondo?

Quel che ho sentito non lo so assimigliare né significare, neppure se penso a un’aurora che d’improvviso nasca dal flutto dello spirito e irradii il sommo della carne.

Ero il giovinetto di Prato, ero l’amico del Bisenzio.

Era l’aprile, come ora; era il tempo di Pasqua.

Camminavo su per l’argine erboso dell’Affrico tenendo per mano la «compiuta donzella» che aveva i miei sedici anni eguale e portava come una ghirlandetta il suo bel nome