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obbedivano a una musica persuasiva.

I ritornelli della mia nutrice mi risalivano dal profondo e mi guidavano.

La mia bocca si ricordava d’aver succhiato una testa di papavero involta in una pezzuola molle.

I miei pensieri ondeggiavano senza fine tra l’ombra e il sonno, tra la vita e la morte, tra il lume del cielo e il fuoco della terra.

Andando verso la finestra udivo il canto dei grilli, udivo la bassa melodia notturna. Andando verso la porta udivo un battito cupo che mi pareva ignoto come le voci dell’infinita vigilia.

E, per qualche tempo, nel rivolgermi, quel battito si faceva misura della melodia terrestre; cosicché le onde del mio sgomento si disperdevano.

Ma alfine, giunto tra i due stipiti ove stava alzata la morte, udii il battito crescere e divenire terribile.