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notturno 489

«Invecchiato, curvato, spezzato, orbo, con le ginocchia vacillanti, con le gomita cigolanti, ecco che attendo fermo su la ripa del mio fiume. E quale è il mio fiume?

Questo di cui ti parlo è il fiume eterno, Oreste.

L’ispirazione dell’eroismo soffia anche su gli invalidi, soffia anche su i tronconi umani, soffia anche su le carcasse impotenti.

Ti racconto una cosa grande, a te che dovevi ricondurre in patria il mio corpo sacrificato.

Siamo senz’ali. C’è una gloria dell’alto e c’è una gloria del profondo. C’è una morte bella e c’è una morte ancor più bella.

Questo che ti racconto è vero, ma lo voglio mettere fuori del tempo e fuori del limite.

Non possiamo più combattere? Io sono un contadino della Pescara, tu sei un contadino del Vùlture.

Un contadino senza nome vanga