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174 la contessa d’amalfi.


Il teatro era in una sala dell’antico ospedal militare, all’estremità del paese, verso la marina. La sala era bassa, stretta e lunga, come un corridoio: il palco scenico, tutto di legname e di carta dipinta, s’inalzava pochi palmi da terra; contro le pareti maggiori stavano le tribune, costruite d’assi e di tavole, ricoperte di bandiere tricolori, ornate di festoni. Il sipario, opera insigne di Cucuzzitto figlio di Cucuzzitto, raffigurava la Tragedia, la Commedia e la Musica allacciate come le tre Grazie e trasvolanti su ’l ponte a battelli sotto cui passava la Pescara turchina. Le sedie, tolte alle chiese, occupavano metà della platea. Le panche, tolte alle scuole, occupavano il resto.

Verso le sette la banda comunale prese a sonare in piazza e sonando fece il giro del paese; e si fermò quindi al teatro. La marcia fragorosa sollevava li animi al passaggio. Le signore fremevano d’impazienza, nei loro belli abiti di seta. La sala rapidamente si empì.

Su le tribune raggiava una corona di signore e di signorine gloriosissima. Teodolinda Pumèrici, la filodrammatica sentimentale e linfatica, sedeva a canto a Fermina Memma, la mascula. Le Fusilli, venute da Castellammare, grandi fanciulle dalli occhi