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la contessa d’amalfi. 187

vano. A un certo punto, l’Areopagita, ripetendo le parole del conte di Lara nel melodramma petrelliano, disse, anzi sommessamente cantò:

‟Poss’io dunque sperarrrr?”

Violetta Kutufà rispose, come Leonora:

‟Chi ve lo vieta?... Addio.”

E, vedendo Don Giovanni poco discosto, si staccò dal cavaliere affascinato e si attaccò all’altro che già da qualche tempo seguiva con occhi pieni d’invidia e di dispetto li avvolgimenti della coppia tra la folla danzante.

Don Giovanni tremò, come un giovincello al primo sguardo della fanciulla adorata. Poi, preso da un impeto glorioso, trasse la cantatrice nella danza. Egli girava affannosamente, con il naso su ’l seno della donna; e il mantello gli svolazzava dietro, la piuma gli si piegava, rivi di sudore misti ad olii cosmetici gli colavano giù per le tempie. Non potendo più, si fermò. Traballava per la vertigine. Due mani lo sorressero; e una voce beffarda gli disse nell’orecchio:

‟Don Giovà, riprendete fiato!”

Era la voce dell’Areopagita. Il quale a sua volta trasse la bella nella danza.

Egli ballava tenendo il braccio sinistro arcuato su ’l fianco, battendo il piede ad ogni cadenza,