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la fine di candia. 231


La lavandaia, smarrita, non imaginando la causa di quella persecuzione, non seppe che rispondere.

Dinanzi al Comune stava un gruppo di persone curiose che la volevano veder passare. Candia, presa dall’ira, salì le scale rapidamente; giunse in conspetto del Sindaco, affannata; chiese:

‟Ma che volete da me?”

Don Silla, uomo pacifico, rimase un momento turbato dalla voce aspra della lavandaia, e volse uno sguardo ai due fedeli custodi della dignità sindacale. Quindi disse, prendendo il tabacco nella scatola di corno:

‟Figlia mia, sedetevi.”

Candia rimase in piedi. Il suo naso ricurvo era gonfio di collera, e le sue guance rugose avevano una palpitazion singolare.

‟Dite, Don Sí.”

‟Voi siete stata ieri a riportà’ la biancheria a Donna Cristina Lamonica?”

‟Be’, che c’è? che c’è? Manca qualche cosa? Tutto contato, capo per capo.... Non manca nulla. Che c’è, mo’?”

‟Un momento, figlia mia! C’era nella stanza l’argenteria....”

Candia, indovinando, si voltò come un falchetto