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304 | il martirio di gialluca. |
Gialluca, benchè prostrato di forze e d’animo, si rizzò su la branda, immaginando che la barca andasse a picco; e s’aggrappò disperatamente a uno dei Talamonte. Supplicava, come una femmina:
‟Nen me lasciate! Nen me lasciate!”
Lo calmarono; lo riadagiarono. Egli ora aveva paura; balbettava parole insensate; piangeva; non voleva morire. Poichè l’infiammazione crescendo gli occupava tutto tutto il collo e la cervice e si diffondeva anche pe ’l tronco a poco a poco, e la gonfiezza diveniva ancora più mostruosa, egli si sentiva strozzare. Spalancava ogni tanto la bocca per bevere l’aria.
‟Portateme sopra! A qua me manghe l’arie; a qua me more....”
Ferrante richiamò li uomini sul ponte. Il trabaccolo ora bordeggiando cercava di acquistare cammino. La manovra era complicata. Ferrante spiava il vento e dava il comando utile, stando al timone. Come più il vespro si avvicinava, le onde si placavano.
Dopo qualche tempo, Nazareno venne sopra, tutto sbigottito, gridando:
‟Gialluca se more! Gialluca se more!”
I marinai corsero; e trovarono il compagno già morto su la branda, in un’attitudine scompo-