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la guerra del ponte. 323

presenti vi furono li illustri prefetti di Teramo e di Chieti.

Ma, verso il tramonto, un lanzichenecco, entrato in Pescara per recare un messaggio a un consiglier del Comune, si mise in cantina con atti bravi a bevere; e quindi prese bravamente a girovagare. Come lo videro i tribuni, gli corsero sopra. Tra le grida e le acclamazioni della plebe lo spinsero lungo la riva, sino al lazzeretto. Era il tramonto su le acque luminosissimo; e il bèllico rossore dell’aria inebriava li animi plebei.

Allora dall’opposta riva ecco una torma di Castellammaresi, uscente di tra i salici ed i vimini, darsi con molta veemenza di gesti ad inveire contro l’oltraggio.

Rispondevano i nostri con eguale furia. E il lanzichenecco imprigionato percoteva con tutta la forza dei piedi e delle mani la porta della prigione, gridando:

‟Apríteme! Apríteme!”

‟Tu adduòrmete a esse, e nen te n’incaricà,” gli gridavano per beffa i popolani. E qualcuno crudelmente aggiungevagli:

‟Ah, si sapisse quante se n’hanne muorte a esse dendre! Siente l’uddore? Nen te s’ha cumenzate a smove nu poche la panze?”