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380 | san làimo navigatore. |
aridità di arene su i luoghi anticamente ubertosi. Le rondini lo guidarono al paradiso del delta, ancora felice di piante e di animali.
Colà, su ’l fiore dell’erbe, egli si mise in ginocchio, per meditare, con le braccia levate al cielo e le palme supine; e tenendo quella divota attitudine, visse in un dolce rapimento d’estasi. Il tempo gli consumava su le ossa le carni; e le edere verdi gli si attorcigliavano per i fianchi, per il petto, per le braccia; lentamente i caprifogli lo abbracciavano, gli fiorivano in torno al collo, in torno ai polsi, in torno alle caviglie sottili. I capelli di lui bianchi cadevano; li occhi prendevano una durezza di pietra; nelli orecchi i ragni in pace tessevano la tela, e nella palma delle mani due rondinelle avevano fatto il nido.
Molte primavere così trascorsero; e il santo ancora viveva in estasi, poichè li uccelli pietosi scendevano dai rami a porgli le bacche selvagge nel cavo della bocca inaridita. Poi finalmente un giorno, su ’l vespero, l’anima volò al cielo tra i cantici delli angeli e il corpo si disfece in polvere come un’urna di creta.
Fine.