Pagina:D'Azeglio - Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta, 1856.djvu/24

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Capitolo II.


La brigata per la quale era allestita la cena, giunse a casa di Veleno verso le due ore di notte, ed empiè in un momento lo stanzone terreno ov’era apparecchiato. L’oste per farsi onore s’era ingegnato d’imbandire con tovaglie di bucato la tavola, sulla quale oltre i piattelli e le posate di stagno e d’ottone che spiccavano meglio del solito per essere state strofinate con maggior diligenza, v’erano qua e là foglie di vite sparse ad uso di piattini per porvi su i boccali ed i bicchieri, sui quali scintillavano, al chiarore di molti lumi, infinite goccie d’acqua, rendendo testimonianza ch’eran stati risciacquati di fresco. Diego Garcia di Paredes entrò il primo e dietro di lui i baroni francesi prigioni. Jacques de Guignes, Giraut de Forses e La Motta. Lo Spagnuolo, l’uomo più audace e di maggiori forze di tutto l’esercito, forse di tutta Europa, pareva formato apposta dalla natura pel mestiere dell’arme, pel quale tanto meglio si poteva riuscire quanto maggiore era la robustezza e la forza muscolare. La sua statura superava di non poco quella de’ suoi compagni, e l’affaticarsi di continuo in un temperamento qual era il suo, togliendo alle membra la pinguedine, avea dato tal grossezza ad ogni muscolo, che appariva nel petto, nelle spalle, e nell’altre parti somigliante ai colossi dell’antica scultura, di forme atletiche e bellissime nell’istesso tempo. Il collo grosso come quello del toro reggeva una testa piccoletta, ricciuta, coi capelli piantati alti nella collottola, ed un volto virile sicuro, senz’ombra però d’arroganza. L’aspetto di don Garcia non mancava d’una certa grazia; e gli si leggeva in viso l’a-