Pagina:D'Azeglio - Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta, 1856.djvu/259

Da Wikisource.
256 ettore fieramosca

la mano D. Elvira, se la fece accostare, le gettò le braccia al collo, e le disse: — Dio dunque vi benedica e vi renda felici.

Ma quest’ultima parola fu appena udita, e forse, prima d’essere stata articolata interamente, già l’anima sua riceveva in cielo il premio della vittoria più ardua che possa riportare una donna sopra sè stessa, del perdono più magnanimo che possa accordare un cuore umano.

Le sue braccia che erano intrecciate al collo della figlia di Consalvo, perdendo la forza ricaddero insieme col corpo che ritornò supino sul letto. Il suo volto prese in un momento l’atto e il colore della morte: lo conobbero le due donzelle, mandarono un grido. Il frate rimase per alcuni momenti come senza respiro, alla fine disse giungendo le mani: — Questa è sembianza di Paradiso. Poscia inginocchiatisi tutti e tre orarono pel riposo di quell’anima che tanto ne abbisognava, e l’aveva saputo così ben meritare. Composero le sue mani sul petto, e Fra Mariano intrecciatale fra le dita la corona che aveva alla cintola, postole a’ piedi un lume, disse: requiescat in pace; ed in cuor suo ora pregando per lei, ora volgendosi a domandar la sua intercessione, come d’un’anima che gli pareva per fermo dover essere in luogo di salvamento, condusse le due donzelle fuori di quel luogo funesto, e, ritornato presso la defunta, vi passò in orazione le ore che mancavano al giorno.

Una delle mire principali di Consalvo nell’accordar il suo consenso alle disfide che si dovean combattere fra Spagnuoli e Francesi, e fra Italiani e Francesi, era stato il guadagnar tempo onde potessero giungere gli ajuti di Spagna per mare, privo dei quali essendo troppo inferiore di forze all’esercito nemico, gli era convenuto star chiuso in Barletta senza poter tentar fazione che fosse d’importanza. Nel corso però della