Pagina:D'Urso - Guerra e malaria, Milano, 1918.djvu/25

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Il Mezzogiorno trae tutte le sue risorse dall’agricoltura ed il problema che riguarda la produzione alimentare sorgerà più grave ed impellente al termine di questa guerra lunga e sterminatrice. È necessario essere preparati al grande trapasso dalla guerra all’assetto economico di pace; è necessario di restituire alla terra il maggior numero di uomini validi.

La preoccupazione e l’assistenza per gli invalidi malarici non vogliono soltanto essere un dovere di umanità o di giustizia riparatrice, ma sono sopratutto un atto di previdenza politica e sociale pel nostro Paese. Il quale, se vorrà a guerra finita affermarsi e vincere nei campi pacifici del lavoro, dovrà fare assegnamento sulla sempre più alta integrità personale, sull’ideale attitudine fisica dei suoi lavoratori. (Devoto).

D’altra parte, che cosa desiderano i nostri contadini? Questi, che oggi sostengono i sacrifizii più dolorosi della guerra, ritornando dalle trincee, non potranno contentarsi della... riconoscenza della Nazione e di quella pensione, che potrà loro concedere lo Stato. I nostri cafoni, che hanno battuto e percorso per anni la terra dei loro padroni, ricavando dalle fatiche nemmeno di quanto sfamarsi, non potranno desiderare, ritornando alle proprie case ed al lavoro, la stessa terra ingrata e maledetta. Nè potranno compiacersi di quella meschina legge sugli «infortuni sul lavoro agricolo», in cui si vede rinnovata l’ingiustizia di quell’altra legge sul «lavoro industriale», per la quale s’indennizza, per esempio, chi sul lavoro