Pagina:D'annunzio - Elegie romane.djvu/47

Da Wikisource.

elegìe romane 37


l’Axïo da la riva lunata per ove muggendo
     36candida l’ecatombe venne con passo grave;

ed il Penèo sonoro che vide di Dafne le membra
     38torcersi verdi e snelle, ripalpitare in rami;

te, bel Cefiso, a cui la diva Afrodite bevente
     40rise da tutto il volto, diede in balía la chioma;

te, puro Eurota, largo d’allori e di freschi roseti
     42e di freschissime acque, d’onde emergeano ignude

vergini protendendo le belle braccia pugnaci
     44verso la madre Sparta, a salutare il Sole.

Erano a Delia cari tai fiumi; al grand’arco divino
     46porsero i lidi immensa copia di cacciagioni;

grati offerian riposi ne gli antri a le ninfe anelanti;
     48murmuri avean di molle sonno persuasori.