Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/112

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vivere col poco nutrimento ch’io prendeva. Se divenni furente sei pensino quelli che sanno che sia esser privo di queste molle della digestione, del gusto e della vita. Corsi per le vie di Vienna a guisa d’un forsennato per piú di quindici giorni, nel giro de’ quali altri otto denti m’uscirono dalle gengive, come fossero stati di cera. Ei seppe del mio furore e si salvò colla fuga. Noi vidi piú per otto anni ; al fin de’ quali andato io a Gorizia col signor Giovanni Grahl e sua figlia, ch’io allor corteggiava, arrivando sul Traunico, nel discendere dalla carrozza, vidi una ciurma di gente correre in qualche distanza, come mossa da curiositá di veder qualche cosa di strano. Vi corsi anch’ io, e vidi un uomo grosso e grasso a terra, caduto boccone, tutto lordo del proprio sangue, disfigurato, guasto e dirotto tutta la faccia, e vicino a lui quattro grossi denti in terra, che pareano allora allora usciti dalla sua bocca. Varie persone l’aiutarono ad alzarsi, e non senza difficoltá il riconobbi per quel Doriguti stesso (tal era il nome di quel villano) che otto anni prima mi aveva fatto perdere i miei.

Dopo questa tribulazione, vedendo che piú non vi era rimedio pe’denti, cercai di trovarne uno per l’appetito; e in veritá non fu che due anni dopo che il riacquistai. Ripresi allora i miei studi e li consecrai intieramente a Martini. Scelsi II burbero di buon core pel soggetto del nostro dramma, e mi misi al lavoro. Appena si seppe la cosa, che il signor Casti, ostinato parimenti nel disegno d’ottenere il posto di poeta cesareo che in quello di perseguitar me, che credeva esserne il solo ostacolo, disse ad alta voce e pubblicamente che quello non era soggetto da opera buffa e che non farebbe ridere.

Ebbe fino l’audacia di dirlo a Cesare, che poi a me lo ridisse con queste parole: — Da Ponte, il vostro amico Casti pretende che il Burbero non fará ridere. — Maestá — rispos’io, — ci vorrá pazienza, meglio per me se lo fará piangere. — Giuseppe, che ne intese il senso: — Lo spero — soggiunse. Di fatti l’opera andò in scena e fu dal principio al fine applaudita. Si osservò che molti spettatori, e tra gli altri lo imperadore, applaudivan qualchevolta a’ soli recitativi. Incontrommi egli all’uscir del