Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/221

Da Wikisource.

Piú di trenta donne cenedesi, che partite erano con quelli al loro partire, furono rimandate, pochi di dopo, alle loro case, a implorar perdono e pietá da’ loro padri, padroni e mariti. I buoni cenedesi furon pietosi. Han fatto piú di quello ch’avrei fatt’io. Il quarto giorno di novembre partii per Treviso. Come mia intenzione era di tornare tosto a Ceneda colla mia sposa, cosi proposi di condur meco la piú giovine sorella e suo fratello Paolo, che avea conosciuta la mia amica a Trieste. Appena si riseppe ch’io stava sul punto di partire, che tutta la gioventú di quella cittá circondò le porte della mia casa per aspettar che uscissi. Io credeva che fosse per augurarmi un buon viaggio e per presciarmi a ritornare. Oibò! Era per chiedermi ad una voce di non condurre con me la Faustina; e, come quelle preghiere aveano quasi un’aria di minaccia, cosi ho dovuto promettere e giurare di ricondurla a Ceneda meco, prima che passassero tre giorni. Arrivai verso sera a Treviso Ma la consorti mia non vi capitò che la mattina del quinto giorno tra le otto e le nove. Io stava alle finestre dell’albergo aspettandola. Quando vidi giungere la carrozza, discesi frettolosamente per incontrarla. Il fratello mio, che aveva scherzato meco per l’ansietá da me dimostrata nel ritardo suo di qualche ora e che non credea di dover vedere che una ballerina teatrale: — Ora vedremo — disse alla sorella — questa rara gioia piú bella di te. — Montammo nella sala. Come ella avea un velo che le copriva la faccia, cosi mio fratello, che si ricordava del velo nero di Trieste, fece l’atto medesimo ch’io feci allora. Egli amava la donna mia d’un amore sviscerato, m’avea domandato mille volte e mille cose di lei; ma io gli avea risposto sempre in termini generali, e senza lasciargli né sospettar né sperare di dover allora vederla fatta mia moglie. Qual fosse dunque la sua sorpresa non è fa cile imaginarlo e meno ridirlo. Quantunque la Faustina fosse bellissima e abbastanza orgogliosa per credersi tale, pur disse altamente al fratello: — È vero, è vero: è piú bella di me. — Questa improvvisata fu il primo piacere ch’ebbi a Treviso.

Ma n’ebbi degli altri forse maggiori in quella cittá. Appena si seppe del mio arrivo, il mio dolcissimo amico Giulio Trento