Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/223

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Passeggiai sotto le cosi dette Procurane di San Marco, e crebbe di molto la mia sorpresa nel veder ch’anche le botteghe di caffè erano vuote. In undici di quelle contai in punto ventidue persone e non piú. Arrivato all’ultima, una faccia decorata da un naso di straordinaria grandezza feri in qualche distanza la vista mia. In veritá io vidi il naso prima della persona. Me le avvicinai e riconobbi Gabriel Doria, figlio del cuoco del Barbarico, di quello che perorato avea contra me per la tesi pubblicata a Treviso. Questo Gabriello, angelo di nuovo genere, non era giá quello che giú i decreti dal ciel porta, ed al cielo riporta de’ mortali i preghi e 1 zelo.

Era una fu spia degli inquisitori di Stato! Avea sposato costui, prima ch’io fossi da Venezia partilo, una certa Bellaudi, nella cui casa io aveva presa a pigione una camera. Il fratello della sua donna sposata aveva la figlia d’un fiorentino ch’abitava in quella cittá, giovinetta assai gentile e vezzosa e di maniere molto lodate. Ma le grazie della moglie non gli impediron d’ammirar quelle d’una non crudele venezianella, e alfine d’innamorarsene a segno da detestar la consorte e da desiderar la sua morte. Non so se per sospetti avuti o per altra causa, esaminando essa un giorno gli abiti del marito, trovò cucito nella fodera d’un giustacore un fagottino di lettere, una delle quali era del seguente tenore:

Mia amorosissima amica, il tempo della nostra felicitá è vicino. La femmina che abborro sará presto madre. Sarò io stesso la sua levatrice, e avremo finito di penare. Se questo non basta, la faremo dormire. Mia sorella è a parte del secreto. Il tuo fedele. L’altre lettere erano dal piú al meno del medesimo tenore.

Quando capitai a casa, la trovai sola nella saletta. Appena mi vide, s’affrettò a darmi quel fagottino, e mi pregò d’uscir e di leggere. Non potrei dire qual fu l’orror che m’invase a quella lettura! Quella donna era d’una dolcezza di carattere