Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/77

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odiavalo mortalmente, e che l’aveva udito dire tal cosa di me, trovò la via d’essermi presentato a solo oggetto di farmene consapevole; sperava attizzarmi contra colui e pormi in una guerra poetica, che alfin l’umiliasse. Io risi da prima, e consigliai quel buon uomo a ridere anch’esso. Egli avea troppo calda d’ira l’irritabile fibra contra il rivai tipografico, per acquetarsi al consiglio mio. Continuò a farmi frequenti visite, intuonandomi sempre all’orecchio la stessa antifona; ma io non credea che un tal personaggio meritasse il mio risentimento.

Udendo questo Valerio ch’io era poco contento dell’oste mio, il quale aveva la brutta usanza d’ubbriacarsi e, quel ch’eia peggio, di batter, qunnd’era briaco, la moglie, di cui gelosissimo il vino rcndevalo, sebbene né bella fosse né giovine, mi offerse con bel garbo una stanza nella sua casa, e non ebbi coraggio di rifiutarla. Trattommi poi con tanta ospitalitá ed ami cizia, che mi credetti in dovere di far per lui tutto quello che in mio poter era di onestamente fare. Egli non domandava che versi, ed io non aveva altro da dargli. — Quando castigheremo — mi disse egli un giorno — quel pazzo fanatico? — Non era però Collctti solamente fanatico e pazzo. Accoppiava a un’ infinita ignoranza del vero gusto poetico e di tutte le cognizioni, che in un letterato richiedonsi, una vanitá ed una arroganza stomachevole. Era. oltre a ciò, bugiardo, adulatore, simulatore, invidioso, e copriva col velo d’una ipocrisia farisaica una straordinaria inclinazione al libertinaggio. Non cessava egli ad ogni occasione di sparlare di me dietro le spaile, mentre ini culicava in presenza mia d’ampullosissimi elogi. Non potendo un di trattenersi di chiedermi perché non cercava di stabilire la mia riputazione in Gorizia con qualche «produzione novella del mio fervido ingegno»; — Dirollovi in versi — gli risposi io. sorridendo; e, andato a casa, parendomi d’esser alquanto caldo dall’estro che in me destò quella bizzarra domanda, mi chiusi nella mia stanza, e scrissi quasi ex abruplo un ghiribizzo burlesco in ottava rima, cui diedi in dono la sera stessa al mio oste cortese, informandolo della graziosa scenetta accadutami la mattina con quel nostro amico. Non è possibile dipigner la