Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/129

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contegno e pe’ talenti. Anche la franca e disinvolta maniera di mio fratello era applaudita ed amata tanto dagli amici miei che da vari membri della famiglia. La mia felicitá era quale io l’aveva imaginata in questi tre versi della mia canzone all’imperatore: Tal nell’anima mia creerá pace e gioia, e caccerá martir, pianto e cordoglio.

E che non fec’io, che non fecer tutti i miei per render questa pace e questa gioia durevole? Passati pochi giorni in allegrezze domestiche, si volsero tutte le cure e tutti i pensieri agli affari, e al modo precipuamente di far comparir per la prima volta la nostra Giulia con piti vantaggio. Volevano gli altri che incominciasse la sua carriera con un’accademia di canto: io solo fui di diverso parere; e, mentre essi disponevano le cose a lor modo, io feci un contratto tale coll’intraprenditore del teatro piú frequentato, che, le opinioni cangiatesi, si applaudí alla destrezza e al giudizio mio. Le ottenni la bella somma di mille e dugento piastre per le due prime comparse, e la metá dell’entrata d’un «benefizio» (*) per la terza. Questo danaro le fu nelle mie mani pagato; e quei signorotti e quelle signorine, che diedero il bel nome di «bomba» ( 2 > al racconto mio, si compiacciano di legger questi versi, che l’estemporanea mia musa lor dedica. Signori increduli, fremer non giova ; la cosa è insolita, la cosa è nuova; ma le secento piastre d’argento (metal si raro e a voi si caro) (1) Voce tecnica teatrale, conosciuta universalmente. (2) Lo stesso che «puff».