Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/284

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l’opera dovè effettivamente avere, perché restò per qualche anno nel repertorio: nel 1789, p. e., veniva ripetuta al San Moisè di Venezia (Taddeo Wiel, I teatri musicali veneziani del Settecento, Venezia, 1897, p. 418, n. 1038). — Su per giú nel 1786, Giuseppe Gazzaniga (1743-1819 circa) ridava a Vienna II finto cieco, da lui giá composto e fatto rappresentare in quella cittá verso il 1770 (Fétis, IV, 285); onde sembra che tutto il lavoro del D. P. (I, no) si riducesse a raffazzonare il vecchio libretto, che potrebbe anche essere 11 finto cieco di Pietro Trincherá, musicato giá da Giovanni Cocchi e rappresentato nel teatro Nuovo di Napoli nell’autunno del 1752 (Florimo, La scuola musicale di Napoli, Napoli 1881, IV, 120; Scherillo, op. cit., pp. 260-3). —Parimente del 1786, è la farsa o «divertimento teatrale» Le parole dopo la musica (I, 112, 123), che, se è esatta una reminiscenza del principe di Ligne, il Casti avrebbe scritto contro voglia, per espresso ordine di Giuseppe II, su musica giá composta dal Salieri (cfr. Camillo Ugoni, Della lelt. Hai. nella seconda metá del sec. XVIII, Milano, 1856, I, 121; Marcus Land.au, La letteratura italiana lillá corte d’Austria, trad. ital., Aquila, 1880, p. 88; Marchesan, p. 211), e che venne rappresentata a Schoenbrunn il 7 febbraio di quell’anno (Eitner, Vili, 397). Tra i personaggi è un affamato e innamorato poeta teatrale, nel quale il D. P. (I, 112) volle vedere la propria caricatura. Se tale intenzione satirica fosse stata per davvero nella mente del Casti (del quale si disse anche avesse voluto raffigurare Giuseppe II nel «conte Opizio»), nessuno potrá affermare con sicurezza, giacché la lettura del componimento non rivela altro scopo nell’autore che quello di rappresentare quale triste mestiere fosse allora quello del librettista. Certo è, per altro, che l’attore, incaricato di quella parte, e cioè il famoso cantante e compositore irlandese Michele Kelly, che, del resto, era col D. P. in buoni rapporti (I, 127), pensò di truccarsi, com’egli stesso confessa, per l’appunto da Da Ponte, assumendo a tal uopo la sua «andatura molto sgraziata», la posa, che egli credeva graziosa, di appoggiarsi al bastone con la schiena, il suo affettato modo di vestire da perfetto «coxcomb», e imitandolo fin quanto potesse nella sua forte balbuzie e nel suo spiccato accento veneto ( Reminiscences del Kelly, citate dal Krehbiel, Music and Manners in thè classical period, 3» ediz., NewYork, 1899, p. 187, in Marchesan, pp. 478-9). — Le nozze di Figaro (I, 110-2, 118-20), delle quali non il D. P. aveva suggerito l’argomento al Mozart, ma il Mozart al D. P., furon rappresentate per la prima volta al teatro di corte di Vienna il i«maggio 1786 (Henry de Curzon, Mozart, Paris, Alcan, 1914, p. 204); e, come si desume dalla partitura, «messa per il clavicembalo dal signor Giovanni Kucharz», e serbata a Vienna (Mantuani, IX, 177, ti. 16566), vennero ripetute in quel medesimo anno a Praga. Non eccessivamente credibile l’aneddoto del balletto fatto sopprimere dal Rosemberg e reintegrare, alla prova generale, dall’imperatore (I, 118-20). Cfr., a ogni modo, per un ampio raffronto tra l’originale del