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dalla terra alla luna 155

che il Creatore inventa in un momento di capriccio, e di cui spezza tosto la forma.

Infatti, la personalità morale di Michele Ardan offriva largo campo alle osservazioni dell’analitico. Quest’uomo sorprendente viveva in perpetua disposizione all’iperbole e non aveva ancora varcata l’età dei superlativi: gli oggetti dipingevansi sulla retina del suo occhio con ismisurate dimensioni; d’onde un’associazione di idee gigantesche; ei vedeva tutto in grande, fuorchè le difficoltà e gli uomini.

Era del resto una natura ricchissima, artista per istinto, giovane spiritoso, che non faceva un fuoco continuo di motti e di bottoni, ma che si schermiva piuttosto da abile tiratore. Nelle discussioni, poco amante della logica, ribelle al sillogismo, ch’egli mai non aveva inventato, erasi riserbato delle botte a lui solo conosciute.

Egli usciva di punto in bianco con certi argomenti ad hominem, di effetto sicuro, e ci trovava gusto a difendere ad oltranza le cause disperate.

Tra le altre bizzarrie, proclamavasi «un ignorante sublime» come Shakespeare, ed affettava disprezzo pei dotti; «persone, diceva, le quali altro non fanno che segnare i punti quando noi giochiamo la partita.» Era insomma uno zingaro del paese de’ monti e delle maraviglie, avventuroso ma non avventuriere, un rompicollo, un phaéton che conduceva a precipizio il carro del sole, un Icaro con ali di scambio. Del resto ci metteva la pelle, e ce la metteva per bene; buttavasi a testa alta nelle pazze imprese, ad occhi chiusi, e con