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116 vii. gli indiani

assunte dal suono iniziale della parola che indica Cento. Ovviamente, il momento dell’identità non è limitato a tali parole; riguarda tutto il vocabolario, e anche la sintassi. Per esempio, non sfugge la somiglianza fra Regem e Rajan (re) oppure fra Vir e Vira (uomo valoroso).


3. Potere religioso e nuove religioni

Il potere religioso, in mano ai brahmani, controlla anche l’attività dei re. Si diffondono le idee di inferno e di cielo e la pratica della cremazione. La benevolenza degli dei si acquisisce con sacrifici tanto costosi (anche intere greggi) e protratti nel tempo, quanto inefficaci. Ciò provoca riflessioni. I saggi, con i loro allievi, si ritirano nelle foreste (700 a.C.) per elaborare teorie religiose adeguate alle nuove realtà. Fra questi saggi va annoverato Siddhartha Gautama detto il Buddha (“risvegliato”), nato a Kapilavastu nel 563 a.C. E un principe della tribù Sakya che, come molte altre stanziate ai piedi dell’Himalaya, rientra nell’orbita politica dei dominatori arii; il versamento di un cospicuo tributo garantisce alla tribù una certa autonomia. Giunto all’età di 30 anni, disgustato dagli intrighi e dalle follie della vita di corte, il principe Siddhartha abbandona ogni agio e si fa eremita nelle foreste del Kosala e del Magadha, sotto la protezione del re Bimbisara; muore nel 480 a.C.

Un altro principe, Vardhamana Mahavira (540-468 a.C.), nato presso Patna, intorno ai trent’anni abbandona la vita di corte e per 10 anni aderisce a una setta di asceti nudisti. Alla morte del maestro fonda la setta dei Jaina, che persegue l’autocontrollo, l’autotortura e la morte per fame, unico modo per liberare l’anima dalla trappola della materia. Decide di morire di inedia e dopo tredici anni di tentativi ci riesce. I jainisti fanno voto di non violenza; i più rigorosi vanno in gi-