Pagina:Dandolo - La Signora di Monza e le streghe del Tirolo, 1855.djvu/173

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Supponiamo ch’io vada ascritto alla famiglia dianzi poderosa, però sempre vegeta, degli eruditi puro sangue; di que’ che negli uomini consideran anzitutto le vesti, nelle città gli edifizj, ne’ libri l’edizione, ne’ popoli le quantità statistiche, nel genere umano lo spignersi materiale delle ondate delle razze;

oppur che mi trovi arruolato all’esercito dei sofisti di buona volontà, che dall’alto di lor sistemi d’antropologia senza viscere, di filosofia senz’anima, di religione senza Dio, frugate le origini a traverso lor lenti da miope, indi chiamati i secoli a sfilar ossequiosi per entro la babelle de’ lor sistemi, gettano alteri e noncuranti un pugno di quel loro fango in viso al Cristianesimo ed alle sue istituzioni;

oppur che appartenga alla clamorosa scuola di letteratura, che, professando l’arte per l’arte, nei campi della immaginazione, ne’ regni della natura unicamente aspira a mercarsi l’oro, cui le carezzate passioni profondono:

nell’una o nell’altra di coteste ipotesi, cadutomi tra mano il processo originale della Signora di Monza, qual uso ne farei?

Erudito senza cuore, lo riguarderci qual miniera di genuine minute notizie sulle fogge d’abitare, vestire, cibarsi, diportarsi, così della plebe, come del patriziato nel