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Pagina:Daniele Cortis (Fogazzaro).djvu/106

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96 daniele cortis


«La colpa non è...

«Fatemi entrare» disse Cortis.

«La colpa non è mia» riprese l’altra. «Io dico quello che mi comandano.

Cortis le impose di tacere e di precederlo.

Nell’entrare in salotto la cameriera gli disse sottovoce:

«Sono tre mesi che non ho avuto un quattrino di salario.

«Voi mentite per il vostro piacere, dunque?» rispose Cortis. «La signora è in piedi e non a letto.

Qualcuno camminava nella stanza superiore. In quello stesso momento si udì un tocco di campanello.

«Chiama» disse la Barbara avviandosi.

Cortis la fermò.

«Un momento» diss’egli. «Ha proprio nome Fiamma, o no?

Barbara lo guardò sbalordita.

«Ma come? Non ha capito? No no! Quello lì è un nome così che ha inventato la signora. È proprio la mamma sua di lei.

E tornava a incamminarsi.

«Vado io» diss’egli. «Dov’è la scala?

La trovò in fondo a un breve corridoio dove un lumicino a petrolio ardeva davanti a parecchi santi, a madonne d’ogni tipo e d’ogni colore. Metteva il piede sull’ultimo scalino quando l’uscio in faccia si spalancò e la signora Fiamma, scapigliata, con le vesti in disordine, apparve sulla soglia, gittò un grido.

«Ah! lo vedo» esclamò «il cuore te l’ha detto!

Giunse le mani, si buttava ginocchioni quando