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che quello straccione pescator di sardelle aveva una maledetta voce di violoncello, dolcissima, e che la sua musica non era tedesca.

Preme dunque, illustrissimo signor deputato, preme infinitamente che la signora baronessa se ne vada presto, se ne vada lontano, che viva lietamente in mezzo a gente lieta, e faccia della santa musica di Cimarosa.

Con profondo ossequio

suo umil.mo e dev.mo
dott. A. Niscemi.



All’on. Daniele Cortis

deputato al Parlamento, a Roma.

Cefalù, 14 febbraio 1882.

Faccio bene a scriverti? Faccio male? Non lo so. Perdonami questo esordio incoerente. Sono stata malata più che non credi. Ora guarisco, Dio solo sa perchè, ma non sono più Elena, non ho più la mia volontà forte, sono una foglia che trema ad ogni vento; anche l’intelligenza mi si è confusa, il cuore è debole debole, piango di nulla, m’irrito di nulla, son troppo bambina, son troppo donna.

Ho avuto una lettera strana che mi ha turbato infinitamente. È tua madre che mi scrive, che mi scongiura d’interpormi presso di te. Vorrebbe vivere teco. Ella dice morire vicino a te, ma forse s’inganna: non si muore quando tutto lo promette e tutto v’invita! Ma perchè si rivolge a me? Le hai tu parlato di me? Il primo istinto fu di risponderle: io sono già morta; si rivolga altrove; le auguro tutto il bene possibile. Poi ho pensato: Da-