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nel poema dell’ombra e della vita 365


Dopo di che raccolse la lettera, e, squadernatala sulla scrivania e spianatavela con una gran palmata, vi si buttò su, piantandovi i gomiti a lato, reggendosi con le mani la testa, e lesse:

Roma, 14 aprile 1882.

Cara moglie,

Tu che leggi dei romanzi, o almeno ne leggevi, perchè adesso non so più da un pezzo cosa diavolo tu faccia, troverai naturale quello che mi succede, a me, da un mese a questa parte: ma ch’io perda l’anima dieci volte se ne capisco niente.

Incominciamo da questa, che il Governo mi paga i debiti. Perchè non si deve dire, non si deve sapere, ma è il Governo; l’ho capito bene dalle mezze parole dell’avvocato. Questa è la meno strana, del resto, perchè il Governo deve molto a tuo marito; ma molto! La seconda è questa, che giorni sono mi viene a trovare Spurway, quel mio parente inglese della casa Spurway and C. di Yokohama. Gli parlo di quella maledetta America, gli domando dove potrei andarmi a cacciare ed egli m’invita a Yokohama dove sono tanti semai italiani, mi propone un collocamento, se andassi con mia moglie, assai conveniente per tutt’e due. L’avvocato mi cambia subito l’America in Yokohama. Anche questa è accomodata e mi pare un sogno. La terza poi non mi è ancora successa, ma sta, a quanto pare, per succedermi, ed è questa: che tu vieni al Giappone con me, di tua libera volontà.

Ora ti dico che se fossi andato in America a caso, come credevo di andarci, molto probabilmente ti avrei sciolta dalla tua promessa e sarei partito solo, con