Pagina:Dante E Firdusi, Estratto Rivista d'Italia, 1909.djvu/17

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204 dante e firdusi

niosa, spoglia degli arcaismi ieratici di quella dell’età di mezzo, che era la pehlevica. Rinnovatisi intanto in Oriente e in Occidente la pittura, la scultura, l’architettura; e rinnovasi la poesia. E però, come a capo delle letterature novelle d’Occidente stanno la canzone del Çid e quella di Rolando e quella dei Nibelunghi, e i canti d’amore provenzali, tedeschi, italiani, e in fine la Divina Commedia, così, a capo della rinnovellata letteratura di Persia, sta il Libro dei Re di Firdusi. Ma Firdusi, con Dante, ha anche somiglianze maggiori.

L’uno e l’altro, come ora si diceva, stanno a capo della letteratura in cui infusero tanta parte del loro spirito e dell’ingegno. L’uno e l’altro plasmarono la lingua novella che da loro ricevette flessibilità, lustro, splendore. L’uno e l’altro furono grandemente infelici, perchè Dante, nel duro esiglio, provò come sa di sale il pane altrui, e Firdusi, defraudato dal sultano Mahmud della pattuita mercede, andò ramingo, ottantenne, di corte in corte mendicando un pane. Dante fu condannato al rogo come eretico, e Firdusi, per aver troppo celebrato gli eroi dell’antica fede e dell’antica patria, fu condannato alla pena degli eretici, a quella di morir calpestato da un elefante. L’uno e l’altro, ponendosi per la via dell’esiglio, scamparono. L’uno e l’altro furono anime nobilmente fiere, perchè Firdusi lanciò contro l’avaro principe una invettiva rovente che, giunta fino a noi, ne fa eterna la vergogna. La figlia di lui, quando se ne portava al cimitero la bara, ai messaggeri del principe pentito che, troppo tardi! lo richiamava e gl’inviava magnifici doni, rispondeva così: «La figlia di Firdusi non accetta ciò che fu negato a suo padre!». Nobili e altere parole che il poeta non pronunciò, ma che sono virtualmente sue, soltanto sue, e valgono quelle di Dante, quando, sollecitato a ritornare in patria sotto troppo umili condizioni, rispose: «Non è questa la via per la quale Dante Alighieri ritorni in patria!».

Italo Pizzi.

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