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Miseria 229

quanto per darle il colpo di grazia, che la facesse cedere e implorar perdono, e non s’avesse più davanti quello spettacolo miserando. Sì, senza dubbio, essa doveva patir la fame. Nelle case lo dicevano. In tutta l’ultima settimana non aveva più preso a credito che un mezzo chilogrammo di carne, con metà ossa, un po’ di burro, e il pane scarso. Aveva congedato la servetta. Non si vedeva più lume alla sua finestra. La casa sua doveva esser ridotta una tomba. Come poteva resistere ancora? Era la demenza dell’orgoglio, alla fine. Non si pretendeva mica che si vendesse; sarebbe bastato un atto di sottomissione. Quando s’ha un padre vecchio e malato, perdio, si fanno certi sacrifizi per il padre.

Al maestro giungevano all’orecchio questi discorsi, e se ne disperava. Un giorno, non ci potendo più reggere, decise di farle accettare un aiuto a qualunque costo. Non avendola più vista uscire dalla sera avanti, il sospetto che le fosse preso male per debolezza gli diede l’ultima spinta. Uscì sul pianerottolo, sul far della notte, per sonare al suo uscio. Vide davanti all’uscio un’ombra, che gli parve d’una bambina, che stesse ella pure per sonare, e non osasse. Le domandò chi fosse. Quella s’intimidì, pareva che tremasse, e non rispose. Egli accese un fiammifero: era la bambina del pizzicagnolo, vestita come se fosse scappata di casa, impaurita; la quale, riconoscendo il maestro, nascose in fretta una mano dietro la schiena. Il giovane le domandò: — Che cosa vuoi? Che cosa nascondi? — E quella allora, arrossendo e tremando, mostrò quello che aveva nascosto, e con voce soffocata gli disse: — Prenda, io non ho coraggio, lo dia lei alla signora maestra. — E scappò giù per le scale. Il maestro guardò l’oggetto: era un involto; l’aperse: c’era una scatola di sardelle, della frutta secca, dei biscotti. Tutto il suo amore per l’infanzia gli venne su dal fondo dell’anima come una fiammata d’incendio. La bimba aveva rubato in casa per la sua maestra! Senza saper bene che cos’avrebbe fatto di quella roba, con la mano malferma, sonò. Una figura nera comparve sull’uscio. Era lei. Egli disse: — Sono io, — e, confuso, per aver un modo di cominciare, porse l’involto; la maestra lo prese, avvicinandosi alla fine-