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Il bicchiere 241

che a tirare innanzi come mille altri, burlandosi d’ogni cosa, e consolandosi come poteva. E, dicendo questo col lume tentennante nella mano, ricorreva ancora una volta all’armadio a muro, dove s’era fatto una provvista di liquore, e beveva un altro sorso di consolazione e d’oblìo.


Non andò molto che apparirono sul suo viso, il quale per un nulla s’alterava, i segni delle nuove abitudini, un’ombra leggera sulla fronte e un rilassamento delle guance, come dopo un lungo cammino, e non so che vago e fuggente negli occhi, che un cerchio contornava. Era poca cosa; ma che non poteva sfuggire a una persona che gli voleva bene.

Una sera, risalendo le scale di casa, vide sul pianerottolo la maestra Galli, che l’aspettava. Restò un momento stupito, e stette per ridiscendere. Poi, incoraggiato dall’oscurità, andò su.

La ragazza gli si fece tanto vicina ch’egli sentì l’odore del suo vestito di percalle soppressato di fresco, e quell’odore gli diè al capo come la fragranza d’un mazzo di rose. — Signor Ratti! — gli disse la maestra, con voce timida e affettuosa.

Egli stette aspettando.

Quella avvicinò il viso al suo, e gli mormorò nell’orecchio, con accento supplichevole, due sole parole:

— Non beva.

E fuggì.

Il maestro rimase un momento là, impietrito. Poi un’onda di pensieri e di ricordi gentili, e con essi tutto il suo amore, e una tenerezza pietosa e profonda, gli rientrò nell’anima, e non gli parve che fosse per effetto di quel rimprovero dolce e triste di sorella, ma di quella fragranza del vestito, che l’avesse svegliato dal suo sonno torpido di bevitore, come un’essenza potente.... Ma i suoi sentimenti più vivi non s’accendevano più che come le stelle di fuoco che scoppian dai razzi e si spengono per aria. Egli ricadde subito nella tristezza pesante che lo pigliava verso sera, prima di tornare a bere. E rientrò in casa ripetendo più volte quelle parole: non beva, e rispondendo tra sè, con delle scrollate di capo: — Sta bene. — E se smetteva di bere, che cosa n’avrebbe avuto? Ah! egli conosceva bene quel carattere, nel quale era piantato il proposito

Il romanzo d’un maestro. — I. 16