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248 Altarana

cati alle pareti, ch’erano avvisi di concorso, d’esami di patente, d’esami di licenza liceale, frammisti a vecchi cartelloni di botanica. Uno solo dava segni d’impazienza, un prete grosso, d’aspetto signorile, con gli occhiali d’oro, che andava e veniva in aria di padrone per l’anticamera e il corridoio, squadrando tutti da capo a piedi. Nell’oscurità del corridoio, fra gli altri, si vedevan vari giovani missionari di San Vincenzo, coi loro grandi baveri bianchi, immobili come statue. Dei giovinetti, che dovevano essere studenti di ginnasio o di liceo, passavano con fogli di carta bollala alla mano; entravan parenti di scolari; nuovi maestri e maestre sopraggiungevano, man mano che uscivano i primi: tutte faccie pensierose, su cui si leggeva una speranza, o un timore, o un dolore, e dietro alle quali il maestro vedeva confusamente con la fantasia, come nello sfondo di tanti ritratti, centinaia di visi di scolaresche, campanili di villaggio, facce brusche di sindaci, sportelli chiusi d’esattori.

Ma dopo mezz’ora d’aspettazione tutte queste figure gli si cominciarono a velare allo sguardo. Una sonnolenza grave gli saliva al capo e gli abbuiava le idee, e con la sonnolenza un fastidio intollerabile di tutte quelle ansietà, di tutte quelle miserie che si sentiva intorno, le quali gli ridestavano in cuore il sentimento delle sue. Quella voce smorzata del provveditore che udiva ad ogni momento, lo cominciò a inquietare, come se parlasse a lui, a traverso ai muri; e lo sforzo che faceva suo malgrado, inutilmente, per afferrar qualche parola, lo affaticava fuor di misura. A un tratto, alzando gli occhi sopra un manifesto delle Tranvie di Torino affisso alla parete, ebbe uno stupore penoso, e quasi uno sgomento al vedere che le lettere gli ballavano allo sguardo e che stentava a leggere. Provò a ripetere in mente il discorso preparato: il pensiero gli sfuggiva, le parole gli s’affollavano in disordine, le frasi si ripetevano: lo dovette riprender da capo più volte. Poi, riscotendosi, s’accorse che doveva aver dormito tre o quattro minuti. Per tenersi sveglio, si mise a contare le persone presenti; ma ogni persona che passava gli rompeva il filo della numerazione, e gli toccava ricominciare. Osservò i visi di quelli che uscivano dalla stanza del provveditore: alcuni avevan