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56 L’ultimo anno ad Altarana

sospettoso; e terminava ogni discorso dicendo: — Veda, signor maestro, la mia fine ha da esser questa! — e si dava dell’indice e del medio sotto il mento, per indicare l’impiccagione.


L’ISPETTORE IGIENISTA.


In questo modo il Ratti vivacchiò fino alla visita annuale dell’ispettore, che egli aspettava con quasi fanciullesca impazienza, come se quest’uomo dovesse portargli un po’ d’aria di Torino da respirare, e avvicinarlo con la sua presenza alla città, a cui tendevano da un po’ di tempo tutti i suoi desideri. L’anno avanti non aveva visto nessuno, e l’ispettore di quest’anno non era più quello del primo: era un lungo professore grigio, dagli occhi intelligenti e malinconici, il quale passò di scuola in scuola col viso e i modi d’uno che visitasse delle case di pena. Quest’uomo, che aveva l’aspetto dello scoraggiamento incarnato, fece la sua ispezione in una forma nuova affatto per il nostro maestro.

Interrogando e guardando il Ratti, gli scolari, la scuola e le autorità, pareva preso per tutti d’una grande commiserazione. Per prima cosa, entrando dal Ratti, gli domandò con aria stanca e trascurata: — Quanti metodi le hanno già fatto cambiare?

E senza ascoltar la risposta, domandò daccapo: — Quanti ispettori ha già avuti?

Ma non aspettò la risposta neppur questa volta. E continuò: — Io non farò osservazioni sul suo metodo: se lei esperimenta che è buono, non ha che da continuare a seguirlo; se riconosce che è cattivo, lei solo lo può correggere con l’esperienza propria. In una visita io non posso giudicare il metodo suo, come non posso dargliene uno mio bell’e fatto. In ogni modo, veda di non cambiarne uno al mese, come fanno certuni. Ho trovato dei maestri che prendon la scuola come una palestra di ginnastica pel proprio cervello. Ce n’è che son sulla via d’ammattire. Le raccomando di non far l’uomo di genio. Si contenti della mediocrità. Noi abbiamo una grande scarsità di galline feconde e una grande esuberanza d’aquile inutili.