Pagina:De Amicis - Il romanzo d'un maestro, Treves, 1900.djvu/333

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In monastero 71

mici, nei quali bisognava mostrare le gambe, e lì nacquero nuove contestazioni. Poi altri movimenti, che perevano immodesti, e che furono sottoposti l’un dopo l’altro al giudizio del confessore, il quale rimase in dubbio per due giorni. C’era una monaca di ventisette anni, un donnone, un po’ bizzarra, che non voleva pigliare a nessun costo certi atteggiamenti, e impallidiva dallo sdegno. E infatti era una cosa che destava insieme il riso e la compassione il veder quelle monache saltare con la corona del rosario alla cintura e inciampare nelle tonache bianche, tenendo il capo basso per non incontrare lo sguardo di lei. Ma imparavano, nondimeno. Dopo la lezione, si radunavano fra loro, e ripassavano gli esercizi, comandando per turno, ma con un filo di voce, come se avessero pronunziato delle parole proibite, e fatto una cosa scandalosa. E tutto il giorno ci ripensavano. Ogni momento glie n’entrava una nella cella a farsi chiarire un dubbio. — Signora, in quanti tempi si fa la flessione delle braccia? Signora, in che modo si fa il piegamento del busto?

— E lei — interruppe il Goli — maestra di questi scandali, sarà parsa a tutte un’anima perduta?

— Ma no — rispose la maestra; — mi si affezionarono. Come conoscon male le monache loro uomini! Il bisogno d’affezione, in quelle ragazze, è più forte d’ogni altro sentimento. Una mattina, mentre facevo la lezione, mi prese tutt’a un tratto la malinconia, e mi misi a piangere: mi corsero tutte intorno con gran premura: — Ma che cos’ha? Ma che cosa le abbiamo fatto? — e lì a colmarmi di parole affettuose. — Alcune, la sera, cercavano di persuaderla a farsi monaca, ma sinceramente, si capiva, e con sicurissima coscienza di consigliarle il suo bene. Ce n’era pure delle materialone, che non pensavano che a mangiare, e sopportavano quella vita dura di mal animo; e queste ispiravano una viva avversione a quell’altre, erano il loro scandalo e il loro tormento. Ce n’era parecchie, le quali per far penitenza si dimezzavano anche quel poco cibo, consistente il più delle volte in una insalata di zucche bollite, e spingevano le privazioni tant’oltre, che la Madre, per farle mangiare, doveva ricorrere al confessore che fissasse loro un tanto di pane con l’ordine di finirlo nella giornata. Ce n’erano che andavano a sceglier per sè le