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L’aria del villaggio 85

Vedrà la maestra Pedani.... — e baciatosi la punta delle dita con un atto comico, alzò gli occhi e la mano come per mandare un bacio al soffitto. Poi se n’andò, dando una fiancata in una tavola.


L’ARIA DEL VILLAGGIO.


Le prime impressioni che ebbe il maestro furon gradevoli. Gli piacque il villaggio allegro, formato da una lunga strada serpeggiante, dal mezzo della quale, per un vicoletto breve, si saliva a una gran piazza irregolare, dov’era la tettoia pel mercato, e tutt’intorno delle piccole case d’aspetto signorile, l’edifizio comunale, due caffè, un teatro. Da un lato aperto della piazza, sorpassando con lo sguardo le case della via sottoposta, si spaziava sulla pianura immensa, fino alle ultime cime azzurre delle Alpi marittime. Il villaggio, che da lontano pareva tuffato in un boschetto, si stendeva sul fianco d’una collina, ultima d’una diramazione delle Alpi Cozie, in mezzo a una vasta distesa di vigneti, sparsa di ville bianche, e rigata da lunghi filari di gelsi. Era un paesetto pulito e vivace, in cui parve al maestro di sentir già l’aria di Torino. Egli trovò una camera conveniente a un’estremità della strada principale, in una casa mezzo rustica e mezzo civile, di proprietà del segretario comunale, notaro. La casa era abitata al pian terreno da una famiglia di contadini, e al pian di sopra, nella camera accanto alla sua, ci stava con un suo figliolo la guardia campestre: un muso tutto baffi e sopracciglia, nero come un beduino; il quale fin dalla prima sera gli domandò tre numeri del lotto, dicendogli che la guardia del comune di Stellina aveva vinto duemila cinquecento lire con un terno trovatogli per via di calcolo appunto da un maestro nuovo arrivato, di quelli che sono ancora freschi di studi. Gli piacquero nondimeno questo e gli altri vicini perchè non gli parevan gente da spiare i fatti suoi, ed eran fuor di casa tutto il giorno. E non gli dispiacque, a primo aspetto, il sindaco Lorsa, che lo ricevette con pochissime parole, in modo rozzo, ma