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L’organista e la maestrina 205

Era del carrettiere, il quale zoppicava ancora. Dicendo questo, il Ratti s’accorse che il delegato dava al bastone una scossarella, per sentire se ci fosse dentro uno stocco. Per dissimulare in qualche modo quest’atto, egli s’affrettò a dire, con cortesia insolita: — Buona scuola, signor maestro! — e richiuse l’uscio, mostrando un’ultima volta per lo spiraglio la faccia diffidente.

Il racconto di questa visita rallegrò fuor di modo l’organista. — Ah! il vecchio conigliaccio spelato! — gridò. — Ma son io, sa, che gli ho messo tutto quel pepe nel preterito. Quello lì ha da morire d’un colpo di battisoffia fulminante alla prima notizia che arriverà a Bossolano dello sconquasso finale. Ah, caro Ratti, quando lo spago è arrivato a questo punto fra i gaudenti del baraccone, vuol dire che il gran momento non può esser lontano. Vuole anche dire che non avranno neppur più tanto fiato in corpo da opporre un po’ di resistenza per formalità: si verranno a costituire in massa, con le braccia ciondoloni e la camicia sporca, e non avremo più che da spazzarli via con la granata. Ah! che carnevale vorrà essere! Il vero martedì grasso dell’umanità! E dire che noi lo vedremo, maestro! — E detto questo, afferrava una seggiola e faceva un giro di valzer davanti al suo pianoforte.


L’ORGANISTA E LA MAESTRINA.


Ma l’organista aveva da un po’ di tempo un altro pensiero: la maestrina Riccoli; sulla quale egli s’era accorto di produrre una impressione straordinaria. Bisogna dire prima che la maestrina era diventata il divertimento di tutto il paese, un trastullo di cui ridevano e a cui volevano bene. A questo concorreva la fama che le avevan fatta le sue piccolo alunne. Essa non aveva alcun metodo nella scuola: andava avanti a furia di carezze, di preghiere e anche di confetti, profondendo i dieci a piene mani, dando alle bimbe la lezione e il lavoro che volevano, ridendo o giocando con loro, arrivando fino a piangere in loro presenza quando abusavano troppo della sua tolleranza. Questa