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Col senno ritenete, caro amico, il nostro Re, chi sa quanti malanni risparmiò all'Italia!

Col coraggio addimostrò valorosamente che sa esporre la sua vita per la Patria e per la sua libertà.

Col cuore ci fece vedere che Egli, più di sovrano dei suoi sudditi, è padre, fratello ed amico.

Lo ricordo il nostro buon Re in mezzo alle epidemie, in mezzo alle ruine del terremoto, in mezzo ai luoghi innondati, in mezzo agli avanzi del fuoco.

Il popolo ammirato acclamava al sovrano benefico e col popolo a Lui acclamavano cardinali, vescovi e sacerdoti implorando sul Re la benedizione del Cielo.

Lo incontrai il nostro buon Re addolorato e commosso nell’atrio dell’arcivescovado di Milano, di ritorno da monsignor di Calabiana, che era aggravassimo.

Accompagnato da numeroso Clero il Sovrano avea parole cortesi per tutti, parole improntate al più sincero rispetto e per l’amico morente e per il vescovo esemplare che era per lasciare la sua archidiocesi.

Che cosa volete, mio caro Don Luigi, lo comprendo; un monarca come Luigi IX di Francia sarebbe più perfetto, ma persuadetevi che se lo stesso eroe delle Crociate potesse ora regnare in Italia, o abdicherebbe o dovrebbe procurare di regnare scegliendo fra i due mali, il male minore.