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il figlio del reggimento. 95

voce ponendogli le mani sul capo e sulle spalle e accarezzandogli il mento e le guancie; — oh povero bambino! E chi ti picchia?

— La.... mamma.

— La mamma? — gli chiedemmo tutti insieme guardandoci in volto meravigliati. — O come mai?

— Ma.... non è.... la mia mamma.

Qui il povero ragazzo, pregato e ripregato ancora, ci disse che suo padre era morto da un pezzo, ch’egli non aveva più altri che la matrigna, la quale voleva bene soltanto ai suoi bimbi, e non poteva veder lui, e lo trattava male, molto male, e ch’era un pezzo ch’egli soffriva, e che era fuggito da casa per venire con noi. Non aveva ancora finito di parlare, che noi l’affollammo di carezze e di conforti: — Verrai con noi, buon ragazzo; non ti dar pensiero di nulla. Avrai tanti babbi quanti sono i soldati. Ti vorremo bene per tua madre, per tuo padre, per tutti; sta’ tranquillo. — E volendo rasserenarlo e farlo sorridere, io gli soggiunsi: — E a chi ti domanderà di chi sei figliolo e donde sei venuto, tu risponderai che sei figlio del reggimento, e che noi ti abbiamo trovato nel fodero della bandiera; hai inteso? —

Egli, sorridendo lievemente, fe’ cenno di sì.

— E intanto, — io continuai, — appena ci metteremo in cammino, tu verrai con me o con un altro qualunque di noi, e gli starai sempre accanto, e camminerai fino che le gambe ti reggano, e quando ti sentirai stanco lo dirai, hai inteso? e noi ti faremo salire sopra un carro. —

Il povero Carluccio, che non potea credere a tante dimostrazioni di benevolenza e temea di sognare, accennava di sì abbassando e rialzando la testa e guardandoci cogli occhi pieni di stupore.

— E adesso come stai? — Ti senti stanco? — Hai sete? — Hai bisogno di mangiare? — Vuoi un po’ di caffè? —