Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/180

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172 un mazzolino di fiori.

sai più. Passarono molti anni; venne il cinquantanove; mi infatuai dell’esercito e manifestai a mio padre l’intenzione di abbracciar la carriera militare. Mio padre era incerto. — Finisci i tuoi studi — mi disse e — vedremo. — Nell’agosto del cinquantanove li terminai. D’allora in poi, ogni giorno gran discussione con mio padre sull’argomento della carriera. A misura però che s’andava innanzi, egli pareva sempre meno disposto a secondare i miei desiderii. Ma un caso impreveduto troncò il nodo della questione. Erano i primi di gennaio del sessanta. Una mattina io stavo in casa, a tavolino, scrivendo. Picchiano alla porta, e viene un servitore a dirmi che cercano di me. — Chi può essere? — mi domanda mia madre. Io m’alzo, essa mi segue, andiamo nella stanza d’ingresso. V’era sulla porta un uomo vestito da operaio, con un gran mantello, una berretta di pelliccia in capo, pallido, magro, con un’aria addolorata e abbattuta. — Non si leva nemmeno la berretta, — brontolò il servitore quando entrammo. Lo sconosciuto mi guardò sorridendo e mi domandò: — È lei?... — E disse il mio nome e il mio cognome.

— Son io — risposi.

— Sono un povero giovane rimasto senza lavoro; ho fatto il soldato; se potesse aiutarmi in qualche modo...

Io e mia madre ci consultammo collo sguardo.

— ... Darmi qualche cosa — soggiunse l’uomo con voce supplichevole.

Presi e gli porsi di mala voglia un paio di lire dicendogli: — Pigliate.

— Me li metta in tasca.

— In tasca! — io esclamai tra stupito ed offeso. Ma il suo sguardo produceva uno strano effetto sopra di me; lo guardai qualche momento, e poi gli misi i denari in una tasca del mantello.