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carmela. 189


— Tesoro! — gridò ancora una volta Carmela, e poi, senza dir altro, si rimise a sedere sullo scalino colle braccia incrociate sulle ginocchia e la testa inclinata da un lato. Indi a poco prese sonno.

Appena entrato in casa e acceso il lume, l’ufficiale si guardò il rovescio della mano destra e ci vide la leggera impronta di otto dentini, intorno a cui luccicava tuttavia il madore di quella bocca convulsa. — Che razza d’amore è codesto! — disse forte a se stesso, e, acceso un sigaro, si mise a passeggiare per la stanza ruminando l’orario per il suo piccolo distaccamento. — Ci penserò domani — disse poi tutt’ad un tratto, e pensò ad altro. Sedette, apri un libro, lesse qualche pagina, riprese a passeggiare; poi daccapo a leggere; finalmente si decise di andare a letto. S’era già quasi finito di spogliare quando fu colto da un’idea; stette pensando un istante, corse alla finestra, allungò la mano per aprirla....; la ritrasse, scrollò una spalla e andò a dormire.

L’indomani mattina per tempo la sua ordinanza, entrando in punta di piedi nella camera, si meravigliò di vederlo già sveglio, che non era suo costume di svegliarsi da sè. E gli disse sorridendo: — Qui sotto, alla porta, c’è quella pazza.... — E che fa? — Nulla; dice che aspetta il signor tenente. —

L’ufficiale si sforzò di ridere, e guardando poi il soldato mentre gli spazzolava i panni, diceva tra sè: — Questa mattina lavora a vapore costui. — Quando fu vestito, gli disse: — Guarda se c’è ancora. — Il soldato aprì la finestra, guardò giù e disse di sì. — Cosa fa? — Si balocca coi sassi. — Guarda in su? — No. — È proprio dinanzi alla porta o da un lato? — Da un lato. — Le potrò sfuggire. — E discese. Mail suono della sciabola lo tradì. — Buon giorno! buon giorno! — gridò, andandogli incontro su per la scala, la fanciulla; e quando