Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/22

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14 l’ordinanza.

socchiusa. Di lì a mezz’ora il suo soldato doveva venire a pigliare comiato da lui, e partire. Egli fumava soffiando in alto i nuvoli del fumo, e ne seguiva sbadatamente coll’occhio il viaggio lento e vorticoso fin che si dileguavano nell’aria. Il fumo che gli passava sugli occhi glieli facea lagrimare, ed egli a quando a quando se li asciugava col rovescio della mano, pur maravigliandosi che le lacrime venissero giù così grosse da parer ch’ei piangesse. Ne attribuiva tutta la causa al fumo, voleva illudersi sulla sua commozione, dissimularla a sè stesso, attribuire al sigaro ciò che spettava al cuore. E pensava: — ... Già, c’era da aspettarselo. Dunque, a che serve pigliarsela a cuore? Non lo sapeva io, quando l’ho preso con me, che non l’avrei tenuto eternamente? Non lo sapeva che la ferma è di cinque anni? E che quest’uomo ha una casa, un campo, una famiglia, dove è nato, dove è cresciuto, da cui è partito con dolore e a cui ritornerà con gioia? Pretenderei che continuasse a fare il soldato per la mia bella faccia? Sarei un egoista... Anzi lo sono. Qual vincolo di gratitudine lo lega a me? Che cosa gli ho fatto io? Che cosa mi deve costui?... Oh molto, davvero. Non gli ho mai fatto che delle sgarbatezze, io. Gli sto sempre lì davanti con questo maladetto muso da padre inquisitore... Gli è il mio temperamento, già; che ci posso fare? È inutile, io non le so trovare le parole per dir certe cose. E poi... non si debbono dire. Ma... almeno fargli una faccia un po’ umana!... Adesso se ne va. Ritorna a casa a lavorare nei suoi campi, a ripigliar la vita di prima; a poco a poco perderà tutte le abitudini militari, dimenticherà tutto... e il suo reggimento, e i suoi compagni, e il suo uffiziale. Non importa; purchè viva contento. Ma io potrò forse dimenticar lui? Quanto tempo dovrà passare prima ch’io mi sia assuefatto ad una faccia nuova; prima che la