Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/241

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la sentinella. 233

gli è un pensiero d’una felicità tanto lontana! Nel reggimento non ha ancora amici, non ha ancora conforti; subisce ancora i motteggi dei vecchi soldati, e le prime durezze, che son le più dolorose, della disciplina; non una voce amica, non una parola affettuosa, non un sorriso, nulla; sempre vociacce burbere, minacce, brutti visi. Dopo un’altr’ora ch’ei starà là, verrà qui, stanco, fradicio, pien di freddo, pien di sonno, e non avrà che un nudo tavolaccio su cui riposare, e dormirà un sonno interrotto e penoso, e sarà destato da una squassata alle gambe o da una manata di neve nel viso; non un po’ di quiete, non un po’ di fuoco per asciugarsi i panni, non una goccia di vino; nemmeno un po’ di tabacco, forse...; nulla, nulla. Egli soffre, in questo momento, lo giurerei. Quella musica e quella festa gli fanno male. Voglio accertarmene. Voglio andarlo a vedere... Ma no... Oh che no! Sì, invece, sì; lo voglio andare a vedere; e ci vado; sicuro che ci vado; perchè non ci dovrei andare? Oh stiamo a vedere! Voglio andarci. —

E mi mossi. Passai dinanzi al casotto; guardai dentro, era scuro; non potei vederlo nel viso. Tornai indietro, sostai un momento, e pensai: — Quando si è agitati da un affetto vivo, gioia o dolore ch’ei sia, il suono della prima parola che si profferisce dopo un lungo silenzio è impossibile che, lì su quel subito, non si risenta di quell’affetto e non lo riveli. Proviamo. — Mi avvicinai al casotto e mi ci fermai dinanzi. La sentinella mi avvertì, si scosse e s’avanzò fin sul limitare. Io non la vedeva nel viso; ella non vedeva me. Le domandai con un accento affettatamente sbadato: — Hai freddo? —

Esitò un momento e poi: — Nossignore. —

Bastò: in quella voce io aveva avvertito un lievissimo tremito; in quella voce v’era un suono di pianto;