Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/284

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276 il mutilato.

fe’ loro un rapido cenno e tutti sparirono in un istante, ed essa li seguì.

La fanciulla girò l’occhio nella stanza, e, non vistovi alcuno, avvicinò in fretta una seggiola a quella del suo povero soldato, sedette, gli afferrò una mano colla manca, gli posò la destra sur una spalla, e col volto tutto sparso di lagrime e col petto ansante cominciò un dire sommesso, precipitato, rotto, affannoso, gettando all’uscio un’occhiata ad ogni ripresa di fiato, per veder se alcuno giungesse.

— Senti, Carlo, e credimi; credimi, che io ti parlo proprio col cuore; io ti voglio più bene di prima, io ti sposo più volentieri così.... come sei adesso, che se tu fossi ancora com’eri una volta; vorrei morire, guarda, morire in questo momento se non ti dicessi schietto schietto quello che sento; e se fossi tu, — sentimi, Carlo e non piangere a quel modo, — se fossi tu che non mi volessi più me, ebbene, e verrei io a pregarti colle mani giunte per essere tua, a dirti che senza di te io non posso vivere, ecco; e se tu mi rispondessi di no, io cadrei subito malata. — Ma via, non disperarti così. — E se tu non fossi ritornato dalla guerra, se io (e premette le labbra).... se il Signore m’avesse mandata questa disgrazia di doverti perdere, o che tu credi ch’io n’avrei preso un altro in vece tua? Nemmeno se fosse venuto il re, guarda. E adesso, sai, se prima ti voleva già un bene dell’anima, adesso (e in ciò dire si coperse il volto col grembiale e die’ in un forte scoppio di pianto).... adesso ti starei davanti in ginocchio.

E scivolò giù dalla seggiola e cadde ginocchioni davanti a lui che, affatto fuor di sè dalla gioia, con certi gemiti tronchi, con certe voci inarticolate, e più coll’atto animato del volto che improntava divinamente il pensiero, e con un agitar convulso delle mani, le voleva