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304 l’esercito italiano

così male, e non potrò più durarla fino a domani, e morirò solo.... oh! eccoli! — Questo momento era d’una dolcezza da non potersi significar con parole.

Gl’infermieri degli ospedali militari eran tutti soldati, si sa; ma in molti paesi lo eran pure gl’infermieri degli altri ospedali, e lo furono per tutto il tempo che non si trovò nel popolo chi volesse prestarsi a quel servizio, neanco colla promessa di larghissime paghe, chè la paura della morte vinceva ogni cupidità di danaro come ogni sentimento di pietà. A quell’ufficio i soldati si offrivano spontaneamente. L’ufficiale di settimana domandava: — Chi vuol andare? — Mezza compagnia faceva un passo innanzi o alzava una mano. Quando la domanda era fatta a un intero battaglione, in piazza d’armi, in presenza di molto popolo, la risposta era uno spettacolo solenne. — Un giorno alle falde del monte Pellegrino, presso Palermo, sei o sette compagnie del 53º reggimento di fanteria stavano ferme e schierate in battaglia dopo aver terminato gli esercizi, quando il colonnello e un maggiore, tutti e due a cavallo, si vennero a porre dinanzi alla compagnia del mezzo, e il primo fe’ atto di voler parlare. Gli ufficiali ordinarono il silenzio. Il colonnello disse ad alta voce dello stato infelicissimo in cui versava la città, — erano i giorni in cui il colèra infieriva più terribilmente, — degli ospedali che difettavano d’infermieri, del debito che incombe ad ogni buon cittadino di prestar l’opera sua a sollievo delle pubbliche sventure, e terminò dicendo più forte: — Non v’impongo un dovere; vi esorto ad un sacrifizio; liberi tutti di rispondere sì o no, secondo che detta il cuore. Ma prima di acconsentire misuri ciascuno le forze dell’animo suo e pensi che l’ufficio d’infermiere è nobilissimo, ma grave, e non senza pericoli, e che bisogna prestarlo con gran corag-